La Repubblica - Quando Sanremo è made in Sicilia. "Noi, energia in più".

TULLIO FILIPPONE E GIADA LO PORTO

«Miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate!». Che la Sicilia fosse nel destino di Sanremo era scritto già dal 19 gennaio del 1951, quando la voce del palermitano Nunzio Filogamo apriva alla radio la prima edizione del festival della canzone italiana. Da allora l'Isola sul palco dell'Ariston è stato il salotto di Pippo Baudo, che la condusse per tredici volte, il "gioco" di Modugno trionfatore del '58, che si spacciava per siciliano, come testimonia lo stesso Baudo, le intuizioni dello schivo Franco Battiato, che portò a Sanremo voci femminili rimaste nella storia, da Alice a Gianni Russo, le Montagne verdi di Marcella Bella, la new wave catanese dei Denovo, il quinto posto di Fiorello nel '95, l'esordio di Carmen Consoli, le meteore Gerardina Trovato, Filippa Giordano e Silvia Salemi, fino ai millennials de "Il Volo" e al modicano vincente Giovanni Caccamo. E poi gli sketch dell'ospite di tante edizioni Nino Frassica e il lavoro dietro le quinte di Pippo Balistreri "l'invisibile" ma insostituibile direttore di scena originario di Aspra, che, dal 1981, fa muovere cantanti, presentatori, ospiti e musicisti sul palco dell'Ariston. Fino a quello slogan tutto siciliano coniato da Pippo Baudo e Pippo Caruso: "Perché Sanremo è Sanremo".
    «La Sicilia ha fatto la storia del festival - dice Baudo, cinquant'anni dopo la sua prima volta con Louis Armstrong e Dionne Warwick di "I say a little prayer" - i siciliani sono stati una grande pattuglia che annovera alcune tra le apparizioni più ricordate: mi capita di canticchiare ancora adesso le "Montagne verdi" di Marcella Bella e non posso dimenticare l'esordio eccezionale e senza paura di Carmen Consoli nel '96, complice Mario Venuti, con il suo "Amore di plastica"».
    Baudo sorride ricordando il pugliese Modugno «che si spacciava per siciliano cantando "Lu pisci spada" in dialetto, perché il pubblico ormai lo riconosceva come tale». E poi il ricordo più commovente: Giuni Russo che, nel 2003, tornò 35 anni dopo a Sanremo per l'ultima volta cantando "Morirò d'amore", con un copricapo per nascondere i segni della malattia. «Fu Battiato a telefonarmi - dice ancora Baudo - mi disse: Giuni sta molto male, ha scritto una canzone, portala a Sanremo».
    Sicilia e canzone italiana si intrecciano negli ultimi 25 anni. «Aveva ragione Modugno a farsi passare per siciliano - dice il trombettista Roy Paci, che oggi sale per la prima volta sul palco - il nostro modo di comunicare trasmette al pubblico la bellezza della nostra terra. Il successo dei siciliani nel festival è da ricercare nella nuova ventata di energia portata sul palco».
    C'è poi la tradizione dei catanesi, che oltre a Battiato schiera i Denovo di Mario Venuti e Luca Madonia e poi Pippo Kaballà e la "cantantessa" Carmen Consoli. «Nella mia carriera lunga 35 anni - dice Luca Madonia - ho un'immagine impressa: è il 2011 e sul palco ci siamo io, Carmen Consoli e Franco Battiato, tre generazioni diverse che hanno offerto una bella immagine della musica siciliana agli occhi di tutto il Paese».
    Un altro grande successo siciliano è "Per Elisa", interpretata da Alice, ma scritta da Franco Battiato. «Era il 1981 - dice il giornalista e critico musicale Giuseppe Attardi, che ha appena pubblicato il libro "Perché Sanremo è anche Sicilia" (Fondazione DSe) - il festival veniva da anni di crisi e la canzone di Alice e Franco Battiato segnò la ripresa e uno dei più grandi contributi siciliani alle sorti di Sanremo. Del resto una parte dello zoccolo del pubblico è sempre venuto dall'Isola, dove tre anni fa lo share è arrivato al 72,7 per cento, con oltre un milione di siciliani incollati per 4 ore alla tv».
    Nel suo libro, frutto degli archivi storici dei giornali e di diverse interviste, Attardi ricostruisce minuziosamente il contributo e le apparizioni di artisti, parolieri, uomini di spettacolo sul palco del Festiva, tra storie e aneddoti. Su tutti "Rosa la 'rossa' esclusa dal Festival", quella volta nel 1972 in cui Rosa Balistreri fu lasciata fuori dalla rassegna perché la sua "Terra che non senti" era stata eseguita prima del festival. O le curiosità dei siciliani parolieri. Come il palermitano Giuseppe Anastasi, autore del testo di "Sincerità", tormentone del 2010 cantato da Arisa, con le musiche di Giuseppe Mangiaracina e di Maurizio Filardo di Castelvetrano. O come il nisseno-palermitano Alberto Alessi, figlio del primo presidente della Regione, che nel 1990 scrisse "Sarai grande" per Silvia Mezzanotte. Fino alle storie che Attardi definisce "ugole in fuga". Quella Sicilia dell'ultima generazione con la valigia in mano, del modicano Giovanni Caccamo, la ragusana Deborah Iurato, il catanese Lorenzo Fragola, la nissena Miele e due dei tre tenorini de "Il Volo". Un'Isola «che piace, "buca" il video e conquista consensi».
    «Abbiamo dato al festival un nuovo vigore - dice Caccamo, che, nel 2015, ha vinto nella categoria 'Giovani' con il brano "Ritornerò da te" -  una marcia in più perché noi siciliani riusciamo ad essere noi stessi e raccontare la nostra terra. Nel brano "Eterno" con cui gareggio quest'anno c'è tanto della mia Sicilia».
    Perché Sanremo è Sanremo, ma anche un bel pezzo di Sicilia.

 

© La Repubblica 6 febbraio 2018