Rassegna stampa - IL Giornalismo che verrà

rassegna stampa workshop del giornalismo

Fact-Checking, Data Journalism, Storytelling: sono alcune delle parole ricorrenti quando si parla dell’informazione  del futuro. Ma in un mondo che sembra aver perso la bussola, e in cui il giornalismo sembra essere diventato superfluo, come fare a ritrovare la via maestra, coniugando in qualche modo passato e futuro?
Su queste domande è stato imperniato il 2° Workshop “Il giornalismo che verrà”, che nei giorni scorsi ha animato la Scuola Superiore di Catania in un accorato dibattito tra grandi nomi dell’informazione internazionale e 30 giovani giornalisti desiderosi di imparare e al contempo sperimentare.
Quello organizzato dal Sicilian Post e dalla Fondazione Domenico Sanfilippo editore è stato un corso di formazione, un festival del giornalismo, ma anche e soprattutto un momento per interrogarci sul ruolo e sull’utilità di una professione che non ha più chiaro a sé  stessa il proprio ruolo.
«Il giornalismo deve porsi al servizio delle comunità, creare delle storie che intercettino i loro bisogni», ha ricordato il docente americano Jeff Jarvis durante la conferenza d’apertura. Ma se questo è vero, dobbiamo chiederci prima di tutto in cosa questi bisogni  onsistano. La nostra domanda, in quanto operatori del settore, non deve essere allora: “come salvare il giornalismo in un’epoca che sembrerebbe poterne fare a meno”, bensì: “a cosa serve il giornalismo in un momento storico all’interno del quale gli strumenti d’interazione e comprensione del mondo sono irreversibilmente cambiati?” CONOSCERE I LETTORI. Durante la conferenza conclusiva del workshop, il responsabile delle relazioni strategiche con l’editoria di Google, Riccardo Terzi, ha ricordato come quello  el giornalismo sia tra i pochi settori a non avvalersi in maniera opportuna dei dati di profilazione degli utenti sul web. «Oggi – ha spiegato – un e-commerce può conoscere perfettamente il profilo dei consumatori, i giornali invece non sempre sanno cosa vogliono i loro  lettori». 

Il punto, in questo senso, sta tuttavia nel fatto che un giornale non è un’azienda qualsiasi. La sua  stessa natura, che dovrebbe essere imperniata  sullo spirito di servizio verso una comunità, fa sì  che una testata valida sia quella che informa con inchieste e   pprofondimenti, non solo quella che riesce a fare più clic, magari con un contenuto dal titolo sensazionalistico (e non sempre veritiero). E se da un lato anche “Big G”, accettando di prendere parte a dibattiti come il nostro e avviando molteplici programmi atti a sostenere  l giornalismo di qualità, sta in questo senso facendo la sua parte, dall’altro – sul piano della sostenibilità economica – il modello dominante è ancora quello quantitativo e non qualitativo. APPASSIONARE I GIOVANI. Già da parecchi anni abbiamo smesso di  meravigliarci del fatto che le nuove generazioni non siano né avvezze né interessate ad acquistare i giornali per
informarsi, preferendovi altri canali. Forse, però, non ci siamo abbastanza interrogati su quali siano le reali ragioni di questo disinteresse. La gratuità e l’immediatezza dei social media sembrerebbero essere valide risposte, eppure altri settori – pensiamo al mercato delle  pp sugli store degli smartphone, alla musica e agli audiovisivi online hanno dimostrato come la vendita di contenuti digitali di qualità sia possibile anche tra i più giovani.

Può quindi il giornalismo essere popolare come il Trono di Spade in un contesto nel quale esso non solo non è più il primo intermediario tra i fatti e la conoscenza di questi ultimi, ma non è nemmeno sempre considerato la voce più autorevole? In questo senso, abbiamo  nvitato a Catania per il secondo anno Giovanni Zagni, direttore di Pagella Politica, principale progetto di fact-checking italiano, che si occupa peraltro del “debunking” delle fake news su Facebook. «Il nostro sito – spiega – si occupa di verificare dichiarazioni di politici e  ersonaggi pubblici nazionali al fine di sviscerare se ciò che hanno detto sia vero oppure no.

Tuttavia il nostro è un ruolo aggiuntivo a quello di altri giornalisti, il cui compito è riportare le dichiarazioni così come sono state dette. Ciò che sarebbe auspicabile, ad esempio, dei quotidiani è che accanto alle interviste ci fosse uno spazio dedicato al fact-checking».

L’innovazione insomma è vera quando coniuga passato e futuro. O quando non va a discapito di approfondimento e originalità, come ha tenuto a ricordare il direttore de La Tarde (Madrid) Fernando De Haro: «A essere morto è il giornalismo scadente, non quello di qualità. Quando dite che il “che cosa” raccontare è diventato difficile perché non si può essere originali vi state ammazzando. È il “come” racconti che fa la differenza».

 

RASSEGNA STAMPA WORKSHOP 2019