Gli archivi storici dei quotidiani diventano strumento didattico: la scommessa di una Prof dell’IIS “Marconi-Mangano” di Catania

Francesca Rita Privitera

 

In tempo di DAD, mentre un terremoto ha smosso le fondamenta della scuola e del vivere collettivo, c’è un’insegnante che a Catania si è rimboccata entrambe le maniche per ripensare la didattica. Come? A partire dal device forse più antiquato: il giornale. O meglio, i giornali, quelli partoriti da “La Sicilia” in quasi 76 anni di storia. «Navigando fra le pagine dell’archivio, i miei alunni sono stati entusiasti di poter approfondire argomenti legati al loro indirizzo di studi». A parlare è Teresa Scacciante, professoressa di lettere presso l’IIS “Marconi-Mangano” di Catania e parte del consiglio nazionale DIESSE. Leggere gli eventi dalle parole di chi ne fu testimone apre a un rapporto più confidenziale con la storia. In tal senso, gli archivi dei quotidiani possono rendere dinamico l’insegnamento delle discipline, dall’educazione fisica, alla letteratura, passando per l’educazione civica. Ne abbiamo discusso con la docente.

 

Professoressa, ci può raccontare la sua esperienza pioneristica sull’uso didattico dell'archivio storico digitale de “La Sicilia”? 

«Appena sono venuta a conoscenza di questa possibilità, ne ho discusso con i miei alunni della I F e insieme abbiamo costruito un progetto, sostenuti dal corpo docenti. I ragazzi si sono cimentati con le ricerche: da aspiranti periti elettronici, hanno voluto approfondire la storia di ST Microelectronics. Le lezioni, che ci hanno impegnati per 18 ore, iniziavano sempre con alcune sollecitazioni su cui, subito dopo, i ragazzi si interrogavano e interrogavano l’archivio, lavorando per piccoli gruppi: ciascun gruppo si riuniva in una piattaforma e io mi spostavo da una piattaforma all’altra per supervisionare le attività. Tutto, chiaramente, in DAD».

 

Quali vantaggi ha avuto questo esperimento?

«I vantaggi sono tipici dell’utilizzo di metodologie proattive, collaborative e laboratoriali. Oltre alle conoscenze apprese, la classe ha infatti maturato competenze digitali, di collaborazione e di problem solving. Ma non è stato semplice. C’è voluto tempo, che non sempre si ha a disposizione, e impegno per supervisionare in modo adeguato i lavori. È stato poi necessario districarsi tra le varianti possibili, come gli archi temporali e la combinazione di parole. Io e i ragazzi abbiamo imparato insieme dagli insuccessi iniziali – nonché dal confronto con gli addetti ai lavori – almeno due cose: che è importante interrogare in modo intelligente l’archivio ed essere aperti a piste che non si immaginavano ma che di fatto guidano la ricerca».

Può spiegarci meglio?

«Questa attività è stata per noi metafora di come lavora lo storico, che si lascia guidare dai risultati che incontra. La realtà si è imposta sui nostri schemi mentali. Inoltre, scovando notizie non coincidenti con quelle in possesso, i ragazzi hanno potuto sperimentare la differenza tra fatti e notizie. È una problematica oggi cruciale che ho voluto lasciare aperta perché una vera conoscenza matura attraverso diversi tentativi autonomi di risposta. Alla fine del progetto i ragazzi hanno conseguito risultati soddisfacenti».

 

Pensa che gli archivi dei giornali possano rappresentare un ponte fra la storia e il cuore di ragazze e ragazzi dei banchi di scuola?

Sì, ma solo se diventano loro i protagonisti. Ho sperimentato come sia importante che maturino la coscienza di essere al centro del loro percorso conoscitivo: ogni didattica funziona quando parla al cuore dei ragazzi e quando loro hanno domande reali da porre alle materie che studiano, in questo caso, al passato ricostruito con i giornali del tempo. Nel presentare l’attività con l’archivio storico de “La Sicilia”, ho assecondato le loro suggestioni, aiutandoli nel metodo. Occorre che i ragazzi ricevano “una buona proposta” dall’insegnante, che la accettino e la facciano propria, facendola dialogare con la realtà che li circonda.

 

A tal proposito, i giornali in generale possono essere d’ausilio per l’educazione civica?

«Le indicazioni ministeriali prevedono che essa sia un modus cui introdurre i giovani a vivere la dimensione sociale, culturale e politica. In questo senso, la collaborazione con i giornali può dare i suoi frutti nelle aule per far interagire ciò che si apprende a scuola con la vita e i problemi concreti. I giornali potrebbero proporsi al pubblico adolescente con qualche strumento apposito (un inserto periodico o altro): a quell’età i giovani iniziano ad avere l’esigenza di tenersi informati sul mondo ma spesso si rivolgono a strumenti parziali o addirittura forvianti».

 

A quasi un anno di DAD, qual è stata la sfida più grande che secondo lei ha dovuto fronteggiare la scuola?

«La DAD ha distrutto abitudini, equilibri e certezze. Ma allo stesso tempo ha rappresentato un’opportunità per rinnovare modelli trasmissivi del sapere, che ormai sono stantii e non funzionano più.Certo, questo ha richiesto notevoli energie. Per fortuna tanti docenti hanno risposto alla sfida. Io ho cercato di rinnovare il mio insegnamento partendo dalle domande: che cosa è essenziale ai giovani oggi? Quali conoscenze imprescindibili, competenze e soft skills o life skills vorrei maturassero i miei studenti? Ho realizzato che la priorità di noi insegnanti è la cura della persona: i ragazzi vanno guidati a crescere e a districarsi tra le difficoltà del presente infondendo coraggio e stima, senza imporre schemi rigidi che, oggi più che mai, soffocano i germogli delle nuove fragili identità».