Recensione "Una forza di vita" - Frammenti di Pace
Domenico De Angelis
Laura Salafia è testimone vivente che la speranza e l’amore hanno la meglio sulla violenza.
Forse qualcuno ricorda quanto successo nel 2010 a Catania. Il fatto è stato talmente eclatante che la cronaca nazionale lo ha rilevato immediatamente.
Il primo luglio del 2010 un uomo, per vendicare le quotidiane offese subite, decide di farsi giustizia sparando contro il suo offensore. Questo deprecabile atto produsse drammatiche e irreparabili conseguenze.
Una delle pallottole colpisce accidentalmente una studentessa. È Laura Salafia, giovane di 34 anni, appena uscita dalla sede universitaria, gioiosa per aver avuto la lode nell’esame di spagnolo appena sostenuto. Si stava dirigendo con alcune amiche verso Piazza Dante, a Catania.
La pallottola vagante si fermò a pochi millimetri dal midollo della donna. Una pallottola che cambierà la sua vita, il suo domani, ma non i suoi sogni.
La reazione della città è stata immediata. Laura è stata salvata dai medici che l’hanno operata, ma la sua condizione cambiò drasticamente. Non sarà più autonoma. Adesso è tetraplegica, non può muoversi, ma può vivere. E di vivere Laura ha una voglia incredibile.
Al medico che, vedendola dopo tanti anni in quelle condizioni, era in dubbio se avesse fatto bene a salvarla, ella ha risposto prontamente: «Grazie, voglio ardentemente vivere».
Le sue gambe e le sue mani saranno i suoi genitori, il fidanzato Antonio (deceduto nel 2016, all’età di 36 anni), gli amici e gli operatori sanitari. La sua vitalità è contagiosa. Cambiano le condizioni fisiche, si restringono le attività e gli spazi operativi, ma si allarga il cuore, cresce la fede, aumenta la speranza.
Laura è una vera insegnante. È titolare della “cattedra della vita”. Comincia a offrire la propria testimonianza attraverso la scrittura. Sì, inizia a scrivere sulla propria condizione e la nuova angolatura dalla quale osserva le cose che accadono. Lo fa grazie allo spazio che il quotidiano “La Sicilia” le affida. Articoli appassionati, nei quali Laura apre orizzonti di speranza.
Subito dopo “l’incidente”, le monache benedettine del Monastero di San Benedetto, a Catania, avevano cominciato a pregare per lei.
Un ergastolano pluriomicida, appreso l’accaduto, inizia a intrattenere con Laura uno scambio epistolare. L’uomo, scosso dalla storia di Laura, cambia atteggiamento nei confronti della vita. Inizia a studiare, consegue il diploma (dedicandolo a lei) e, subito dopo, s’iscrive all’Università. È consapevole che la cella sarà il suo mondo fino alla fine dei suoi giorni, ma ora lo vive diversamente. In una delle lettere, l’uomo scrive a Laura: «Saprò che il Signore mi ha perdonato nel momento in cui tu guarirai».
La risposta di Laura non tardò ad arrivare: «Non c’è soltanto la guarigione fisica, ma anche la guarigione dell’anima e io l’ho raggiunta. Quindi puoi sentirti perdonato, perché io sono guarita».
È ancora Laura a scrivere: «A chi mi chiede se valga la pena vivere in queste condizioni rispondo: ognuno di noi ha un percorso da seguire e credo che nulla accada per caso. Sono circondata da persone che mi vogliono bene, non mi sento tradita dalla vita. Anche se la sofferenza è diventata la mia compagna di cammino, questo fatto non mi determina, sento tanto affetto attorno a me. Sono convinta che il Signore mi abbia fatto un grande regalo: la capacità di non arrendermi mai davanti alle difficoltà della vita. Me lo ha ricordato anche Papa Francesco quando, nel 2016 a Piazza San Pietro, abbracciandomi mi ha detto: “Non mollare, sii forte, e porta la tua croce. Prega per me”».
Laura si sente investita di una missione: testimoniare la vita. «Chi meglio di una persona svantaggiata fisicamente – scrive – può aiutare a ritrovare il gusto della vita?».
«A tutti coloro che leggeranno queste righe – è la conclusione di uno dei suoi articoli – voglio dire: c’è qualcosa dentro di te che nessuno ti può toccare né togliere, se tu non vuoi. Si chiama Speranza».
Gli articoli di Laura sono stati raccolti e pubblicati in un prezioso libro dal titolo “Una forza di vita” (Domenico Sanfilippo Editore, 2017), con la prefazione di Giuseppe Di Fazio e la postfazione di Maria Cecilia La Mela.
C’è qualcosa di straordinario in ogni persona. L’originalità della propria vita. Unica. Irripetibile. A guardar bene si scorge un frammento d’infinito, o meglio, uno spirito incarnato. La persona si manifesta attraverso il corpo. Quest’ultimo permette a tutti di esprimere i propri sentimenti che, sedimentati nel cuore, maturano e passano attraverso le singole cellule per arrivare all’altro.
La visione olistica della persona impedisce di soffermarsi sulla condizione fisica e percepisce l’altro come totalità. Questa visione, oggigiorno, è purtroppo più rara e si sente la necessità di ricomporre i pezzi di un uomo a pezzi. Le singole caratteristiche sembrano prevalere sul tutto, si guarda il particolare fisico e non la vita in quanto tale. Leggendo la storia di Laura si è invece più consapevoli che la persona non si può ridurre alla condizione fisica ma al mistero che la stessa incarna.
Per quanto sopra esposto, dico che il libro è raccomandabile per la positività e la generosità proposte e testimoniate da una persona credibile. Oggi, più che di maestri, c’è bisogno di testimoni. Laura lo è. Per questo va seriamente seguita.